Il servizio educativo di ciascun capo è un po' come un tessuto. Il filo dell’esperienza ci permette di tessere trame uniche e di inestimabile valore. La trama e l’ordito si alternano a ritmi incessanti, quasi frenetici e la navetta scorre così velocemente che si fa fatica a seguirla.
Ogni filo del nostro ordito è costituito da un episodio, da un’occasione, ma solo quando questa si interseca con la trama nasce la complicità capace di costruire qualcosa di unico, di irripetibile… l’incontro.
Occorre prendere consapevolezza di questa complicità che genera legami perché è il vero valore aggiunto senza il quale i fili dell’ordito si muoverebbero parallelamente improduttivi di qualunque effetto.
Talvolta...
...Talvolta il desiderio di vedere il disegno sul telaio è così forte da smarrire il bandolo della nostra matassa, allora tutto è caos e tutto è confusione. I fili si aggrovigliano senza un significato senza alcuna sistematicità… senza alcuna progettualità.
….Talvolta il ritmo è così frenetico che i fili, nel vorticoso movimento, si surriscaldano così tanto da infiammarsi. Allora è necessario imparare a non affrettare certi tempi. A non bruciarsi. È bene allenarsi per sostenere il ritmo cogliendo i segreti dei mastri tessitori che hanno imparato a gustare il proprio tempo realizzando tessuti ben fatti.
...talvolta, a furia di utilizzare questo splendido tessuto ci si accorge che, se sono presenti strappi, occorre fermarsi, prendersi cura di sé, riparare i lembi, riannodare i fili, volersi bene. Non sempre da soli ci si riesce, e spesso insieme è più facile e più divertente. Occorre affinare le tecniche o impararne delle altre.
… talvolta, quando sei totalmente preso dal tuo operare, non è importante tessere solo la propria tela
quanto accorgersi di chi ha bisogno del tuo aiuto e la tua competenza.
Incontrarsi
Ci sono incontri che sembrano scivolarti addosso e altri capaci di graffiarti il cuore. Incontri che segnano la tua crescita e fissano un punto ben preciso al di là del quale, niente potrà essere come prima, niente potrà arrestare il processo di cambiamento.
Ci sono luoghi che sentiamo casa e occhi e mani che percepiamo come familiari. La Comunità Capi è il luogo, custode della proposta educativa, ma non solo! In comunità capi si viene accolti e si inizia un percorso di crescita in un clima fraterno in cui è possibile sperimentare, sbagliare, crescere ma soprattutto sostenersi vicendevolmente. Ma non è sempre tutto rose e fiori! talvolta i modi garbati cedono agli scontri e alle incomprensioni dettate certamente dalla medesima passione educativa e allora volano parole grosse e talvolta urlate con veemenza in quel caso si deve imparare a ricomporre, a curare le fratture. Occorre tornare ad incontrarsi, sapersi ascoltare, mettersi nei panni dell’altro.
Avere gli altri dentro sè, cantava Gaber, appartenersi e provare a farsi carico delle fragilità dell’altro, riuscire a carpire i suoi bisogni o semplicemente scambiarsi un sorriso ricordandoci di esserci l'uno per l'altro, stringersi e annodarsi per arrivare fino al cuore.
Sapersi annodare
Non è un processo istintivo. Si impara a farlo con metodo e progettualità.
Inizialmente occorre che qualcuno si affianchi per muovere i primi passi. Poi, acquisita un pò di dimestichezza, ci si sente pronti a preparare lo zaino a partire per soddisfare la fame di conoscenza e confronto. Ma quali aspettative nutrire? cosa cercare? dove? allora è bene prepararsi prima di un incontro formativo insieme alla propria comunità capi e insieme al proprio staff. Sono momenti importanti che rischiano di essere sottovalutati perché presi dal ritmo frenetico di trama e ordito e finiscono per essere vissuti frettolosamente. Sapere dove andare e sapere come andarci sono processi mentali diversi (cit. G. Orwell), ma se si avrà
consapevolezza di ciò, si sarà capaci di trovare quello di cui si ha bisogno. E successivamente sarà possibile verificare correttamente l’esperienza compiuta, riportando la ricchezza di un nuovo incontro nella propria comunità.
Essere rete
È in tempi complessi come quelli che viviamo che agire insieme può davvero fare la differenza. Abitare la frontiera non significa solo svolgere il proprio servizio in un quartiere difficile o periferico, occorre saper riconoscere la frontiera anche dove apparentemente non c'è, restare vigili cogliendo i segnali dei territori, i bisogni educativi espressi e inespressi. Occorre riuscire a immaginarsi un territorio nel tempo, sognando il cambiamento e condividendolo prima di progettarlo. Uscire dalle proprie zone comfort, dall'autoreferenzialità nel giudicare proposte diverse dalle proprie.
E allora da dove cominciare? Riprogettiamo! Ripartiamo dai Progetti Educativi. Bando a matrici infinite e liste chilometriche … a pagine e pagine di analisi e a tempi lunghi … biblici. Pochi e buoni obiettivi e poi concentriamoci sui progetti del capo come strumento pratico per consolidare la nostra scelta di servizio e aiutare concretamente a realizzare e sostenere il progetto educativo del nostro gruppo. E se abbiamo bisogno che qualcuno ci aiuti e ci guidi, ricordiamoci che tutti i livelli associativi sono al nostro servizio. Al servizio delle nostre Comunità Capi.
Nel 1929 Frigyes Karinthy scrittore ungherese ipotizzò la teoria dei “sei gradi di separazione” secondo cui ogni persona può essere collegata a qualunque altra persona o cosa attraverso una catena di conoscenze e relazioni con non più di cinque intermediari… e questo nel ‘29 quando era assolutamente impensabile lo sviluppo dei supporti che ci avrebbero tenuti perennemente connessi. E allora usiamola questa rete, orgogliosi di esserne tutti parte!
Allora disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra
della barca e troverete». La gettarono e non
potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci.
Luana Barbagallo e Claudio Carbone
Incaricati regionali alla Formazione Capi